violettafederico.com | Verso l’Arco Naturale e il Pizzolungo
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Verso l’Arco Naturale e il Pizzolungo

Cornice naturale

Verso l’Arco Naturale e il Pizzolungo

I miei itinerari si rivelano all’alba, quando attorno c’è spazio, silenzio, aria nuova e fresca, quando è la prima luce del giorno ad avvolgerci, a dire: “Vieni! Ci sono io con te, andiamo a vivere!”. E’ un prendere per mano, un man-tenere di De Luca (Erri) memoria. Solo se lo vuoi, se il tuo umore glielo consente; a volte no, e magari vorresti qualcuno che venisse a prenderti, abbracciarti e sostenerti, ma se non viene puoi ricordare queste righe, che c’è un senso se sei vivo, che cadiamo tutti ma ci si rialza e puoi farti ancora amare e sorprendere dalla Vita. Poi…lo so, a volte alzarsi all’alba è una “botta in fronte” se hai fatto tardi o devi farlo per lavoro, ma in realtà cos’è “una botta in fronte”?
Non l’alba ma alzarsi male, tristi, senza un desiderio, o per andare a fare qualcosa per forza, per andare avanti, sopravvivere, in una routine alienante, in una città che non tolleri più, segnali che vogliono invitarti a cambiare: cambia tu e l’esterno cambierà!
L’alba…l’alba invece è nascita, luce, un foglio celeste-rosa-arancione pallido su cui puoi incidere pensieri, desideri e parole nuove a cui darai suono, che possono diventare musica. L’alba suscita, invita, solleva… e qui albeggia anche il ricordo di un memorabile Baricco che dà corpo a una pagina de “La cognizione del dolore” di Carlo Emilio Gadda, il quale dipinge con le parole il tempo del sole che sorge: Il gallo improvvisamente la suscitò dai monti lontani perentorio e ignaro come ogni volta. La invitava ad accedere e a elencare i gelsi, nella solitudine della campagna apparita. Il gallo si sveglia e col suo verso suscita, richiama l’alba ogni giorno, come una campana che avvisa tutto il Paese. Suono, luce, azione, Vita!

Sono le 5.30 del mattino, per il mio primo itinerario come guida ambientale escursionistica dò appuntamento in Piazzetta, c’è chi ha già mangiato qualcosa, chi qualcosa se lo porta e se lo sbranerà a metà percorso vista mare, e c’è chi farà entrambe 😉
Detto ciò, solita indicazione di rito: scarpe sportive con grip (antiscivolo, sempre meglio anche se una normale scarpa da ginnastica è sufficiente e vanno bene anche sandali sportivi allacciati), t-shirt maniche corte e pantaloncini corti vanno bene, il sentiero è libero e su cemento, spray anti-zanzare, cappello, 1lt d’acqua e merenda/brunch/pranzo/aperitivo/cena al sacco!
Opzionale: telo mare, crema solare, maschera e costume per chi dopo vuol proseguire al mare approfittando della poca gente al mattino.
Qualcuno si spaventerà per la levataccia ma nessun problema, prevedo più fasce orarie.

Periodi consigliati: sempre! Qui siamo nel mese di giugno. Meglio evitare se c’è troppo vento o se ha piovuto uno-due giorni prima.
Lunghezza complessiva: 5 km + 2 fontane lungo il percorso
Tempo di percorrenza: 3 ore soste incluse
Dislivello: 216 circa

Entriamo “nel tunnel” di Via Longano, l’arco sotto al Municipio; arrivati in cima alla strada ci troveremo nell’intima Piazzetta Cesare Battisti. Nella casa rossa difronte a noi vissero lo scrittore russo Gorkij, Lenin e il medico e primo premio Nobel per la medicina nel 1901: Emil Von Behring.

Piazzetta Cesare Battisti

Svoltiamo e saliamo su via Sopramonte, un percorso di costante e graduale ascesa verso i punti più alti del Comune di Capri, lungo il quale entriamo nel clou degli scorci più antichi e delle prospettive del paesaggio più ampie e insolite per il turista.
Il cielo pian piano cambia colore e noi arriviamo al punto che i capresi chiamano “’ngopp a croce” o “alla croce” il quadrivio che a sinistra ci fa salire ancora più in alto costeggiando subito la piccola Chiesa di San Michele della Croce con accanto una strategica fontanella e prosegue verso le leggendarie Villa Jovis, Villa Lysis e luoghi silenziosi e ancora caratteristici per le architetture tipicamente capresi in cui abitare; oppure verso destra, in discesa, per tornare nelle vie del centro; e infine dritto, dove andiamo noi, spediti come falchi pellegrini quali siamo in terra (mentre in alcune zone dell’isola possiamo udire e vedere quelli veri assieme ai corvi imperiali). Il cammino iniziale è in piano poi una lieve discesa fa da trampolino a una salitina che si riassetta a un altro piccolo pit stop: la casa rossa sulla sinistra nota a noi capresi come il Belsito (nome del vecchio albergo) e una scala che scende a destra verso altri itinerari.

"Belsito"

“Belsito”

Uno sguardo di rito all’indietro verso il paesaggio di case, il Castiglione e Monte Solaro e via, ci passa affianco qualche tipico carrello che trasporta spazzatura e materiali da lavoro e arriviamo a un bivio con una deliziosa edicola votiva al centro, altro pit stop fontanella e nel mentre sentiamo i galli cantare. Tra le due stradine si apre la Piana delle noci, una delle zone più amene e rurali dell’isola dove ammirare preziosi appezzamenti coltivati con varietà ortofrutticole, altro che griffe!

Bivio via Matermania- via Dentecale

Bivio via Matermania- via Dentecale

Seguiamo la stradina a sinistra che leggermente sale, si appiana e poi ridiscende proiettandoci a sorpresa sul mare e sul promontorio di Punta Campanella (Area Marina Protetta dal 1997). Una sosta nei vari punti panoramici per godersi la vista e fare dei bei respiri lenti e profondi, ci prendiamo tutto il tempo necessario e poi andiamo verso l’Arco Naturale per ammirarlo più da vicino mentre, manco a dirlo, iniziamo a essere toccati dai profumi della padrona di casa: la macchia mediterranea sulla nostra roccia calcarea tanto ben modellata dall’azione carsica. Tutto è sempre in continuo movimento e mutamento!

Arco Naturale

Arco Naturale

Dopo questa prima esperienza immersiva in odor di Indiana Jones abbracciati dalla roccia come all’interno di un Tempio (e in Natura lo siamo sempre) ritorniamo su e superato il ristorante Le Grottelle, cartelli e scale (400) che scendono, indicano che sta per iniziare un altro viaggio. Un viaggio che leggermente mi ricorda la caduta di Alice nel Paese delle Meraviglie, quello in un’altra dimensione. Dopo aver sfiorato alberi di fichi lungo la discesa per una bella colazione selvaggia ed esserci accorti dell’invasivo Ailanto (Ailanthus cocodendron) troviamo subito quest’altra realtà immersa tra i lecci e inaspettata: la Grotta di Matermania o Matromania. Il nome può derivare da “Magnae Matris antrum” antro-grotta dedicata alla Magna Mater, la Grande Madre, Cibele, la dea della fecondità e dei frutti della terra, come anche – meno probabile – da Ara Matris Magnae o Magno Mithrae antrum, grotta destinata al culto del dio Mitra.

Grotta di Matermania

Grotta di Matermania

Chiedo di soffermarci qui per un po’, è una terra di mezzo che ogni volta me lo richiede e dopo aver reso grazie a questo Passato di cui siamo figli, ci congediamo elegantemente tornando alla prima Luce chiara del mattino che qui, nel bosco, filtra attraverso gli alberi mentre imbocchiamo una scalinata stretta, ripida e serpeggiante che ci porta al “secondo livello” del percorso. Qui intravediamo il mare più da vicino, ora è tutto quasi in piano, troveremo più avanti qualche lieve salita ma il dislivello più faticoso ce lo siamo lasciati alle spalle. Da qui in poi sarà come camminare in passerella ma tra i lecci prevalentemente, e una leggenda narra che fu proprio un Leccio a sancire le fortune di Capri: lo storico romano Svetonio nel 29 a.C. riportò che al primo sbarco sull’isola di Ottaviano Augusto, un leccio abbattuto e rinsecchito si rialzò e rinverdì di colpo per la gioia di vedere il futuro imperatore. L’evento portò subito quest’ultimo a restituire Ischia a Napoli e a eleggere Capri come dominio privato dei Cesari Romani. Proseguiamo sentendoci amati, con questo senso di protezione del bosco che ci avvolge mentre ascoltiamo il dolce sciabordìo mattiniero e benefico delle onde, tra i colori pastello che si fanno intensi grazie al sole. Incontriamo le rosse bacche di salsapariglia (Smilax aspera), il rosa del caprifoglio (Lonicera implexa) e i pallidi fiori delle clematidi (Clematis vitalba e C.flammula). A proposito di Alice, qui vicino troviamo un sipario di fronde aperto sull’ancor placida Cala di Matermania. Poco più avanti, alle prime scale che leggermente salgono troviamo un elemento molto importante per questa zona, dove i soccorsi possono impiegare più tempo ad arrivare: un armadietto porta defibrillatore.

Villa Malaparte

Villa Malaparte

Tra rocce, scale, boschetti di Pino d’Aleppo, carrubo e oleastro, continuiamo a risalire e dopo circa 200 mt vediamo dall’alto la famosa casa di Kurt Suckert, più noto a tutti come Curzio Malaparte che nel 1936 comprò questo spazio su Punta Massullo e l’ottenne per 12 mila lire! Era venuto a far visita ad Axel Munthe e si innamorò di Capri; con l’aiuto di Galeazzo Ciano, allora Ministro degli affari esteri e frequentatore dell’isola insieme alla moglie Edda, riuscì a ottenere l’ambita licenza edilizia nonostante i divieti esistenti in questa zona vincolata raggiungibile soltanto a piedi da un’ora e mezzo dal centro. Affidò il progetto all’architetto razionalista Adalberto Libera ma poi si parla di continue evoluzioni e intromissioni del proprietario. Fatto sta che la villa ormai fa parte del paesaggio e spicca sin da allora col suo rosso pompeiano, benché a lungo contestata dagli ambientalisti per il forte e bizzarro inserimento. La forma richiama quella di una nave o di un martello, con una sorta di falce o vela bianca sul tetto che dà un tocco di movimento e garantisce un po’ di privacy. Malaparte l’aveva chiamata “Casa come me” ovvero: indefinibile, inafferrabile, onesto con sé stesso, potremmo dire perché assecondava le sue moltitudini mentre l’esterno che invece vuole controllare, rendere prevedibili, tenere in riga, lo definiva “un ossimoro vivente” anche per il suo essere stato sia fascista, sia filo-comunista, sia filo-cristiano ma anche massone e spia (Veneziani). Tutto vero. Tutti hanno provato a definirlo ma inutilmente. La Villa è stata set di cult movie come Il disprezzo di Jean Luc Godard mentre a Liliana Cavani fu concesso di girare il film tratto dal romanzo di Malaparte, La pelle. Alla sua morte nel 1957, la dimora sarebbe dovuta diventare una casa di ospitalità, studio e lavoro per artisti cinesi a Capri, ma gli eredi decisero di impugnare il testamento avviando un’intensa battaglia giudiziaria, così la dimora passò alla Fondazione Ronchi e fu acquisita tramite un accordo tra le parti rimanendo proprietà privata della famiglia e proprio per questo, risulta tuttora impossibile visitarla all’interno, salvo rare occasioni mondane come sfilate di moda o eventi culturali selezionati dagli eredi.

Intrusa sul Monacone

Intrusa sul Monacone

Siamo a metà itinerario, ritorniamo a immergerci tra la vegetazione e spediti raggiungiamo il primo belvedere sui Faraglioni, tra Helychrisum litoreum, Artemisia arborescens e, imbattibile per rarità: la stellina di Capri (Asperula crassifolia) che in questo tratto di costa ha uno dei tre rifugi sull’isola, poi troviamo la barba di giove (Anthyllis barba-jovis) rara sulle rupi tirreniche, il  convolvolo o vilucchio turco (Convolvulus cneorum), e la Centaurea cineraria, fiordaliso endemico delle coste tirrene meridionali, mentre nei punti più impervi spunta l’azzurra Lithodora rosmanifolia. Sostiamo anche qui per le foto di rito sfondo Sirenum scopoli ovvero i Faraglioni: citati da Virgilio nel viaggio di Enea (nel mito, scogli scaraventati in mare da un gigante inferocito e dimora delle fatali Sirene: Stella il faraglione “di Terra”; Saetta il Faraglione “di Mezzo” e Scopolo quello “di Fuori” su cui vive la famosa lucertola azzurra. Sotto di noi c’è lo scoglio del Monacone.

Belvedere alternativo

Belvedere alternativo

Su questo belvedere facciamo altri bei respiri profondi, qui godiamo di un panorama senza confini tra rocce dove la macchia prende il sopravvento e mare. Qua e là poi notiamo l’inconfondibile Agave americana detta in caprese ‘mmiria (invidia) perché si crede che le sue foglie appuntite la tengano lontana, tra i cespugli ci sono delicate fioriture rosa: l’Allium roseum, il Lathyrus clymenum simile al pisello odoroso e il Convolvulus elegantissimus. Ci rimettiamo in cammino per un’altra risalita che costeggia il primo nucleo di ville della zona dopo Malaparte, ma prima una curiosa grotticella ci fa fermare e osserviamo un piccolo sentierino selvaggio, lo faremo un’altra volta.

 

 

Ameles spallanzani su Helychrisum litoreum LOVE

Ameles spallanzani su Elicriso

Salendo sfioriamo Casa Romita costruita da Edwin Cerio (ne riparleremo) e Casa Solitaria che vedremo meglio dal belvedere più avanti. Procedendo vediamo in anteprima le spalle del Pizzolungo: un monolite di roccia e più avanti prendiamo le scalette che ci portano al suddetto belvedere più intimo che c’è (occhio che si scivola! Ma noi abbiamo il grip, vero?!) qui possiamo già salutarvi e dire: “tana libera tutti” chi vuol restare resta, chi vuole andare, ciao!
Va bene, se proprio insistete restiamo… per la seconda migliore colazione di sempre! Alla nostra sinistra la famosa Villa Solitaria, separata da noi da un tripudio di Euphorbia dendroides (ora in estivazione), il lentisco (Pistacia lentiscus) e la cornetta o dondolina o emero: Coronilla emerus e Coronilla valentina. Ora, se proprio vi va di ritornare nella “civiltà” facciamo l’ultimo tratto passando accanto alla splendida Villa Monacone e all’orgoglio di Madeira: l’Echium fastuosum un grande arbusto originario delle Canarie, talmente tanto desiderato nei giardini delle ville capresi che assunse il nome di “Blu di Capri”. Fu introdotto qui dallo scrittore Compton Mackenzie o da Lady Blanche Algernon Lennox che trasformò Monte San Michele in un raffinato parco.

Echium fastuosum

Echium fastuosum

Salutiamo infine l’albero di carrubo preferito di mio padre e risaliamo lasciandoci a sinistra la discesa che porta ai Faraglioni (la faremo un’altra volta), uno sguardo alla roccia che include i versi di Pablo Neruda dedicati a Capri “regina di roccia” e via, ultimo tratto, sprint finale ed eccoci, belli sudati e col fiatone da intenso a moderato, finalmente atterrati sul Belvedere di Tragara. Le gambe ringraziano e addirittura sembrano ricercare altre salite o risultano più leggere mentre, guardandoci attorno pensando di essere ritenuti eroi dagli astanti, andiamo verso la terrazza. Sulla sinistra ammiriamo un altro elemento di stupore, l’hotel Punta Tragara fu Villa Vismara, progettata da Le Corbusier nel 1920 per l’ingegnere lombardo Emilio Errico Vismara. Pausa. Voltiamo le spalle al mare e rientriamo verso il Centro con pit stop alla fontanella se si vuole. Indico altri luoghi di interesse lungo la passeggiata circondata da bellissime bougainvillae, due in particolare sono Villa Discopoli abitata un tempo da Rainer Maria Rilke, Villa Lo Studio da Neruda e la Chiesa Evangelica Tedesca. Proseguiamo verso la piazzetta per un gelato da Buonocore o, per chi già ha tutto, verso il mare per un fantastico bagno mattutino!

Nota: le foto sono state scattate in orari diversi

Fonti
*Federico Antonio – Capri il trionfo della Natura; Ed. Mursia Milano, Sezione “Andar per isole”, 1992
*Rizzotti Tullia – Capri in fiore; Ed. Giorgio Mondadori, 2003
https://www.ad-italia.it/article/casa-malaparte-villa-capri/
https://www.studenti.it/curzio-malaparte-vita-pensiero-politico-e-opere.html
https://blog.quimmo.it/architettura-lifestyle/villa-malaparte-casa-sul-mare-capri/
https://www.elle.com/it/lifestyle/viaggi/a61067075/casa-malaparte-capri-storia-foto/